Oltre la critica di piattaforma
C’è uno spazio che è sempre aperto e pubblico, in cui si fanno dimostrazioni, si dibatte e si prendono decisioni. Uno spazio che è al tempo stesso luogo d’incontro e di svago, mercato economico e fucina di storie e informazioni. Uno spazio che ci permette di tessere amicizie e intrecciare nuovi rapporti e collaborazioni, di riservarci il nostro posto e far sentire la nostra voce.
Lo spazio digitale.
Tutto passa per il digitale: l’informazione, l’intrattenimento, l’economia, il lavoro, la politica, l’attivismo, l’educazione, la convivialità. È quanto accade su Facebook, su Instagram, X e persino Tik Tok. Nella nostra vita i social hanno preso il posto di una piazza, sono diventati una risorsa collettiva di facile accesso, minacciata dagli interessi privati e oramai fondamentale alla vita dell’uomo. Messa in altri termini, un bene comune. Ma come possiamo considerare uno spazio digitale un bene comune, quando conosciamo soltanto social network alla stregua di Meta e X, con tutti i loro bias, gli scopi capitalistici, l’etica distorta e una struttura di potere unilaterale? Be’, per esempio, estendendo le varie critiche verso la ricerca, lo sviluppo e l’adozione di una valida alternativa: uno spazio sicuro e libero dai meccanismi di engagement, da contenuti violenti e da tutti quei fenomeni (doom scrolling, baby influencer, fake news, pinkwashing, greenwashing…) che alimentano interessi morbosi e senso di sopraffazione.
L’articolo che ho editato insieme al collettivo Bonfire, a capo dell’omonimo progetto, delinea le caratteristiche principali di un social network che vuole proporsi come bene comune. Un punto importante è la trasparenza e la portabilità dei dati, nonché la privacy e la sicurezza nelle comunicazioni: attraverso l’uso di licenze open source e l’implementazione di protocolli aperti si riduce la dipendenza da enti esterni favorendo l’interoperabilità tra le piattaforme e – soprattutto – la portabilità dei dati, mentre la crittografia end to end (sistema di comunicazione cifrata, dove solo le persone che stanno comunicando possono leggere i messaggi) impedisce a terze parti, inclusa la piattaforma stessa, di vedere o alterare i messaggi scambiati tra due membri. Un’altra caratteristica fondamentale è l’adozione di una governance aperta e orizzontale, ovvero un sistema di processi, policy e ruoli finalizzato a un uso efficace delle informazioni e il raggiungimento di obiettivi che vengono discussi e prefissati in maniera collettiva.
Questo accade già in parte nel Fediverso, un universo di spazi digitali decentralizzati in cui gli utenti detengono il controllo dei propri dati e dei servizi che usano. Le comunicazioni tra i vari spazi, server indipendenti chiamati istanze che ospitano software open source di vario tipo (Mastodon che somiglia a Twitter, Pixelfed che ricorda Instagram…) avvengono in maniera più fluida, permettendo di vedere post pubblicati su altri server senza doversi necessariamente iscrivere. Inoltre, non basandosi su algoritmi di raccomandazione, sono liberi da suggerimenti promozionali e finalità di marketing e favoriscono un’interazione più genuina tra i membri.
Dal punto di vista di creator, scrittorǝ, artistǝ, giornalistǝ, gruppi, organizzazioni e imprese, tutto ciò rappresenta un potenziale enorme. E siamo solo all’inizio. Letteralmente. Molte compagnie hanno iniziato a deviare la loro attenzione verso il Fediverso percependone il potenziale (Threads, Wordpress, Ghost, Flipboard dicono qualcosa?) e nel breve futuro ci sarà una pletora di nuove funzioni modulabili.
L’esempio emblematico è il caso di Bonfire, framework open source progettato per creare spazi digitali federati che si adattino alla diverse esigenze di gruppi e comunità. La particolarità di Bonfire è quella di offrire all’utente il completo controllo della piattaforma, stabilendo le proprie regole e i codici di condotta, personalizzando le funzionalità tramite moduli su misura e gestendo autonomamente le interazioni con altri utenti. Essendo open source, qualsiasi sviluppatore network potrà creare nuovi moduli e qualsiasi utente potrà usufruirne, costruendo il proprio unico social arricchito da tutte le funzioni necessarie. Penso alle piccole imprese che da un’unica piattaforma potranno gestire inventari, processi decisionali e marketing; alle scuole che possono coordinare i propri progetti interni e comunicare con altri plessi; ai quartieri, i gruppi sportivi, i comuni, le parrocchie, i collettivi… È un nuovo modo di vivere la vita online e fare socialità, sfidando i limiti imposti da quelle piattaforme for-profit che consumano la nostra attenzione e il nostro tempo, manipolano l’informazione e distorcono la realtà creando sempre più alienazione tra i giovani e non solo.
La strada è lunga, ma il primo passo per riappropriarsi di questi spazi è migrare attivamente verso ambienti più sicuri e fare scelte consapevoli.
Per chi ha voglia di provare, vi aspetto su mastodon e vi lascio qualche altro profilo interessante da seguire:
qui ci sono io, sola soletta, https://mastodon.social/@beamessy
Bonfire, per seguire i progressi della piattaforma, https://mastodon.social/@bonfire@indieweb.social
Elena Rossini, documentarista, fotografa e attivista italiana, nonché creatrice della newsletter THE FUTURE IS FEDERATED https://mastodon.social/@_elena
Pidgin Edizioni, prima casa editrice nel fediverso, https://mastodon.social/@pidgin_edizioni@mastodon.uno
Grist, giornale no-profit con focus sul cambiamento climatico, https://mastodon.social/@Grist@flipboard.com